Eravamo scomodi

Intervento di Anna Borsi al convegno “Foibe – La storia in cammino verso la verità”, organizzato dall’I.S.S.E.S. in Napoli, il 28 gennaio 2001.

Mille pensieri, scorci di drammatici fatti vissuti, si affacciano vorticosi nella mia mente, ma non voglio abusare della pazienza altrui. Pertanto, mi limito all’essenziale.
Dopo l'otto settembre 1943 iniziarono per le nostre genti le vicende più tragiche e spesso macabre: , allora ero ragazzina, ma il ricordo di quel tempo è sempre rimasto un incubo.
Un grande piano politico voluto dal sanguinario Maresciallo Tito, era quello di far scomparire il maggior numero possibile di italiani dall’Istria, da Fiume e da Zara.
Nello scorcio di settembre e nell'ottobre del '43, ecco i primi infoibamenti!
Cosa sono le foibe? E’ una domanda che si è posta la maggior parte degli italiani: anche a Milano, quando il Comitato provinciale della nostra Associazione promosse l’allestimento di un'ampia mostra fotografica, con la documentazione dei recuperi delle Vittime e testimonianze di varia natura.
Dopo tante attese colpevoli, la stampa ha cominciato a parlarne ed a mettere in evidenza il nostro dramma.
Perché non prima? Perché siamo stati così a lungo dimenticati?
La motivazione principale sta nel fatto che eravamo scomodi, in particolare per la sinistra italiana, in quanto non eravamo disposti a credere al “paradiso comunista” jugoslavo od italiano che fosse. In effetti, alla sinistra non importava che un Esule fosse contadino, pescatore od operaio: secondo i suoi soloni eravamo tutti capitalisti o fascisti, anche se, per la verità, due terzi dei profughi risultavano nullatenenti. Quella era la nostra etichetta, ed all'arrivo in Italia non raccogliemmo comprensioni, né tanto meno suscitammo il bisogno di conoscere la nostra storia. Non chiedevamo pietà, ma non certo il dileggio e gli insulti che dovemmo sopportare.
Con l'orgoglio e la laboriosità insiti nel nostro DNA, dopo anni di privazioni e fatiche, ciascuno di noi ha trovato la propria strada: pulita e rettilinea.
La diaspora ci ha disperso in tutti i continenti, perché 350 mila esuli sono davvero tanti, ma ci siamo fatti onore dovunque: non è una lode di parte, ma il giudizio oggettivo di tutti coloro che ci hanno conosciuto bene.
La prima generazione dell’Esodo, cui appartengo, ha il dovere di trasmettere ai nostri discendenti ed a tutti i posteri la conoscenza dei fatti realmente accaduti, tanto più che i manuali scolastici brillano per ampie distorsioni, se non anche falsificazioni della nostra storia.
Per fortuna molti giovani si stanno interessando dell'Istria, di Fiume, della Dalmazia.
Ci accontentiamo di poco; per noi, questa è già una gratificazione.
Con lo sfascio della ex Jugoslavia, gli Italiani hanno potuto rendersi conto del coacervo di barbarie e genocidi che ha caratterizzato la fine della Repubblica federativa. Della pulizia etnica ai nostri danni che ebbe luogo più di cinquant’anni prima, quasi nessuno aveva sentito parlare, ma dopo l’esperienza del “tutti contro tutti” è diventato relativamente più facile comprendere la storia del popolo istriano, giuliano e dalmata.
Auspico che grazie alle nuove attenzioni nei nostri confronti non venga steso un oblio definitivo sul dramma che avvenne nelle nostre terre italiane (Anna Borsi De Simone).

 

Anna Borsi De Simone, Esule da Pola, è stata dirigente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e Presidente del Comitato Provinciale di Milano.

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