Troppa malafede sulla storia delle leggi razziali in Italia

di Filippo Giannini

(Rinascita, 25 febbraio 2005)

Trovandomi in Australia da molti mesi, leggo in ritardo un articolo sul "Corriere della Sera" del 27/1 scorso, dal titolo "Si vergogni chi minimizza le leggi razziali", articolo a firma di Roberto Zuccolini.
Sempre che le parole abbiano ancora un senso, "la vergogna dovrebbe colpire coloro che quelle leggi massimalizzano"; questo solo che sia questione di ignoranza.
Per come è stato trattato l'argomento e accantonando ogni modestia, posso scrivere: "signor Roberto Zuccolini, ecco una lezione di Storia".
Premessa essenziale: le leggi razziali furono certamente uno degli atti più meschini e gravi del periodo fascista.
Ma… e sì; c'è sempre un "ma".
Ogni fatto o avvenimento va inquadrato nello specifico periodo storico e questo l'Autore dell'articolo non me lo può contestare.
Rutilio Sermonti ha scritto: "La risposta poteva essere una sola:
perché le plutocrazie volevano un generale conflitto europeo, quale unica risorsa per liberarsi della Germania – formidabile concorrente economico – e soprattutto dell'Italia. Questo è necessario comprendere se si aspira ad evidenziare la realta' storica: soprattutto dell'Italia". Questo è confermato dallo storico inglese George Trevelyan e dallo stesso Winston Churchill che a pag. 209 del secondo volume de "La Seconda Guerra Mondiale" attesta:
"Adesso che la politica inglese aveva forzato (attenzione al verbo, nda) Mussolini a schierarsi dall'altra parte, la Germania non era più sola". Fa eco Renzo De Felice che nel corso di una intervista ha affermato: "Una volta che l'Italia fu costretta (sempre attenzione al verbo, nda) ad allearsi con la Germania era impensabile che anche l'Italia non avesse le sue leggi razziali". D'altra parte non sarebbe stato necessario citare questi personaggi, perché i due "Rapporti Pietromarchi", presentati al Duce nell'aprile e ai primi di giugno del 1940 fanno sufficientemente capire con quanta pervicacia gli anglo-francesi ci costrinsero alla guerra. A proposito, il signor Roberto Zuccolini sa di cosa parlo?
Abbandoniamo i tanti bla-bla-bla così cari ai tanti "storici" del dopoguerra e andiamo ai fatti; ne citerò solo pochi, molto pochi, perché mi riservo di proporne tanti altri in modi e tempi diversi.
Una prima domanda al signor Zuccolini: mi sa spiegare perché dagli anni 1938 sino a guerra inoltrata decine di migliaia di ebrei tedeschi, austriaci, cecoslovacchi ecc., anziché rifugiarsi nei "Paesi democratici" venivano in Italia? Badi che in questa sede posso citare i nome di molte decine di essi. Ecco la risposta, e la sfido a smentirmi: i "Paesi democratici" chiudevano loro ermeticamente le frontiere, mentre da noi, "l'infame tiranno" le teneva aperte per accogliere tanti infelici; eppure in Italia vigevano le leggi razziali. Infatti "l'infame tiranno" così aveva ordinato, sfidando l'ira nazista: "Non escludere a priori dal rilascio del passaporto italiano anche a cittadini non italiani, anche se di razza ebraica" (il corsivo è nel testo).
Lo studioso israeliano Leon Poliakov ("Gli ebrei sotto l'occupazione italiana": "Mentre in generale i governi filo-fascisti dell'Europa non opponevano che fiacca resistenza all'attuazione di una rete sistematica di deportazioni, i capi del fascismo italiano manifestarono in questo campo un atteggiamento ben diverso.
Ovunque penetrassero le truppe italiane, uno schermo protettore si levava di fronte agli ebrei". Chiedo al Signor Zuccolini: mi sa dire i nomi dei "capi del fascismo italiano" e quello dello "schermo protettore"?.
Il docente dell'Università ebraica di Gerusalemme, George L. Mosse (israelita anche lui), nel suo libro "Il razzismo in Europa", a pag. 245 ha scritto: "il principale alleato della Germania, l'Italia fascista, sabotò la politica ebraica nazista nei territori sotto il suo controllo. Le leggi razziali introdotte da Mussolini nel 1938 impedivano agli ebrei di svolgere molte attività e si tentò anche di raccogliere gli ebrei in squadre di lavoro forzato; ma mentre in Germania Hitler restringeva sempre più il numero di coloro che potevano sottrarsi alle leggi, in Italia avveniva il contrario: le eccezioni furono legioni. Come abbiamo già detto, era stato Mussolini stesso a enunciare il principio discriminare non perseguire". Tuttavia l'esercito italiano si spinse anche più in là, indubbiamente con il tacito consenso di Mussolini".
Quanto sin qui scritto è solo una minima parte della Storia (quella vera) per dimostrare quale enorme, interessata menzogna sia stata costruita su "quel periodo e su quell'uomo".
Prima di chiudere vorrei aggiungere qualche altra cosetta.
Nello stesso articolo viene riportata una dichiarazione dello svolazzante Francesco Storace che al TG2 avrebbe detto: "Lo dico con dolore: seppure una strettissima schiera, c'è ancora qualcuno in Italia che, per ignoranza o malafede, tende a minimizzare, dicendo che le leggi del '39 (?!) non ebbero, come al contrario è stato, un ruolo importante, tragico per le persecuzioni e poi lo sterminio degli ebrei". "ignoranza o malafede" dice Storace, uno degli uomini che ha saltellato da un Movimento di "chiara ispirazione fascista", ad uno dichiaratosi fortemente antifascista. Affrontiamo pure l'argomento sollevato "con dolore" dal Signor Storace, e chiedo: quando i tedeschi riuscirono a rastrellare gli ebrei in Italia e quelli sotto giurisdizione italiana? La prima retata nel ghetto di Roma avvenne il 16 ottobre 1943, esattamente dopo che Mussolini fu abbattuto e dopo la fuga del Re e di Badoglio che abbandonarono, ignominiosamente, il popolo italiano, l'esercito e gli ebrei all'ira tedesca. L'osservazione non può essere che una: quegli infelici furono consegnati alle "camere a gas" (vedete, in questa sede non ne metto in discussione l'esistenza) dal primo governo antifascista, infrangendo e neutralizzando – almeno nel primo momento – "lo schermo protettore".
Certamente per quel che ho scritto mi pioveranno addosso l'accusa di "fascista e razzista". Non ci dormirò la notte, ma rispondo con quanto ha riportato lo studioso Meir Michaelis (israelita anche lui) nel suo libro "Mussolini e la questione ebraica", pag. 377: "Parlando con il dottor George Zaccariae, il suo consulente medico tedesco, nel febbraio 1944, Mussolini deplorò la follia razzista di Hitler: "io non sono un antisemita e riconosco che scienziati e tecnici ebrei hanno dato al mondo alcune individualità eccezionali. Non posso approvare la maniera con cui è stato risolto in Germania il problema ebraico, perché i metodi adottati non sono conciliabili con la libera vita del mondo civile e ridondano a danno dell'onore tedesco".
Parole che condivido in pieno.
Un'ultima domanda: se tutto ciò è vero (ed è vero perché tutto si basa su documentazioni e testimonianze della parte interessata), perché gli ebrei ancora oggi si schierano contro lo "scudo protettore" e non contro il primo governo antifascista, l'esecutore reale del sacrificio di tanti loro correligionari?
Bella domanda, vero Signori Zuccolini, Storace, Fini, Isabella e compagni?

P.S. Sarei un illuso se solo sperassi che quanto scritto venisse pubblicato sul "Corriere della Sera", perché "non politicamente corretto". Dovrò ripiegare su altri lidi, accontentandomi di far conoscere la "Storia vera" a poche decine di migliaia di italiani.
D'altra parte questo è quanto viene concesso da questa <Repubblica nata dalla Resistenza>