Nicola Plastina è nato ad Aiello Calabro (Cosenza) il
17 settembre 1926. Negli anni 50 ha frequentato a Napoli la Facoltà di
Architettura. Ha conseguito il titolo accademico all’Accademia di Belle
Arti di Napoli. Pittore, ha partecipato a rilevanti mostre nazionali.
Professare di ruolo, ha insegnato Storia dell'arte nel Licei scientifici.
Iscritto al MSI dalla fondazione :
29 dicembre 1946. Dopo il Congresso di Fiuggi ha aderito a AN.
E' stato consigliere provinciale a
Napoli per due consiliature, dal 1980 al 1990. E' stato segretario
provinciale della CISNAL Scuola ed ha fatto parte della Direzione
Nazionale della CISNAL
Sento profondamente l'onore di essere
stato invitato a questo convegno e, sia pure sinteticamente, desidero
portare anche la mia testimonianza.
Nel 1941 si formò a Cosenza, in
seguito ad arruolamento volontario, il battaglione “M” della MVSN,
comandato dal capitano Zupi.
Insieme al mio amico e coetaneo Paolo
Falsetti mi arruolai. Avevamo soltanto quindici anni e fummo nominati
“figli del battaglione” tra molti sotterfugi.
Il Battaglione ben presto partì per
la zona di operazioni e così arrivammo a Lubiana.
Mia madre era rimasta sola, essendo
mio padre, ex squadrista, andato a combattere in Africa Orientale, a
Gondar, e da più mesi non dava più notizie. Così si diede da fare per
farmi ritornare. Qualcuno la ascoltò e a malincuore io e il mio amico
Falsetti fummo rimandati a casa. Per convincerci a tornare in Calabria ci
dissero che ci mandavano “in licenza”.
Quando, nel '43, ci fu il 25 luglio ad
Aiello Calabro si imbastì una manifestazione antifascista contro i
gerarchi del paese. Allora mio zio, Eugenio Valzi -anche lui ex
squadrista-, assieme all'esattore Tallarico fronteggiò i facinorosi e li
disperse sparando alcuni colpi di pistola in aria.
Ma gli antifascisti, pur intimoriti,
non demordevano dai loro propositi di rivincita e di vendetta. Molti
ricordavano l'olio di ricino propinato ai loro parenti vent'anni prima.
Così presero a perseguitare me,
considerato per la giovane età, l'anello più debole della mia famiglia.
Si inventarono che ero autore di
devastazioni delle sedi del Partito d'Azione o del Partito Socialista (le
prime che si erano aperte in paese) per denunciarmi ai Carabinieri. Non
contenti di avermi fatto arrestare decine di volte, arrivarono ad armare
con bombe e pistole un gruppetto di giovani che mi tesero un agguato
notturno.
Per fortuna proprio quella sera ero
rientrato a casa più presto del solito e gli aggressori mi attesero
inutilmente al varco. Tutto questo mi fu confessato da un amico che era
stato costretto a parteciparvi.
L'otto settembre ero ad Amantea ( a
circa 20 km da Aiello). Il prof. Vincenzo Andreoli, che era stato
comandante della GIL di Cosenza, che si ricordava bene di me in quanto mi
aveva fatto assegnare una borsa di studio per l'Accademia di Belle Arti di
Brera, mi aveva segnalato al maggiore dei paracadutisti Mario Martire di
Amantea, fervente patriota e fascista.
Così fui coinvolto nella rete di
collegamenti che si stava tessendo tra Cosenza e i paesi vicini.
A Grimaldi a capo del fascismo
clandestino c'erano tre professionisti, a Belmonte Calabro operava la
famiglia Carratelli, che teneva i collegamenti anche con Cetraro e gli
altri paesi della costa; a Lago organizzava l'attività clandestina
fascista Ciccio Martellotta coadiuvato da un insegnante di cui non mi
sovviene il nome; a Nocera Tirinese-Sambiase c'era un gruppo agguerrito
con cui ci collegava il prof.Chiodi, poi arrestato e coinvolto nel
processo degli 88 fascisti di Calabria.
Tutti facevano capo a Cosenza dove
c'era Luigi Filosa, capo indiscusso di un folto gruppo.
L'8^ armata inglese passò per Amantea
senza riscuotere applausi e non ne riscosse neanche negli altri paesi
della costa che attraversava per risalire lentamente la penisola.
Durante la permanenza del fronte a
Cassino lo sviluppo della clandestinità assunse una forma più
organizzata.
A Cosenza, dove mi recavo con mezzi di
fortuna, il prof. Andreoli mi presentò ad Orazio Carratelli, che era
stato direttore di “Calabria Fascista”.
Questi mi scelse come collaboratore
per i collegamenti con la RSI e gli altri gruppi fascisti clandestini,
affidandomi una radio ricetrasmittente.
La radio la tenevamo nascosta ad
Aiello e, quando dovevamo usarla, vagavamo , io e Carratelli, sulle
colline intorno al paese, spostandoci continuamente durante la
trasmissione per non essere individuati da un eventuale radiogoniometro.
Si pensava che la nostra azione
potesse essere utile per la vittoria finale in caso del ribaltamento del
fronte.
Filosa aveva preparato un piano per
attaccare i piloni degli elettrodotti in caso di ritirata degli
“alleati”. Le centrali elettriche erano tutte presidiate, ma i piloni
no. La mancanza di energia elettrica avrebbe creato uno stato di caos.
I tedeschi, durante la ritirata,
avevano fatto saltare un grosso deposito di armi e munizioni a Pian del
Lago che però non era andato distrutto completamente.
Rimasero integre numerose casse di
armi ed esplosivi. Inoltre con .,la dissoluzione del Regio Esercito,
l'otto settembre restò abbandonato un po' dovunque numeroso materiale
bellico.
Ne fecero incetta soprattutto i
comunisti.
Prima della caduta di Cassino fui
inviato assieme ad un coetaneo a consegnare messaggi cifrati, che
portavamo cuciti nella fodera della giacca, ad un camerata di Taverna,
vicino a Mignano Montelungo, nelle retrovie del fronte.
Dopo molte peripezie riuscimmo a
raggiungere Taverna e a compiere l'incarico che ci era stato affidato.
Avremmo voluto attraversare le
linee per andare in RSI, ma , mentre procedevamo, fummo intercettati da
una camionetta. A bordo c'era un ufficiale italiano che, dopo averci
interrogato, finse di credere alla nostra storiella circa la necessità di
acquistare viveri per le nostre famiglie, ma ci obbligò a salire sulla
camionetta e ci portò con lui fino a Napoli.
Nel dopoguerra ho nuovamente
incontrato quell'ufficiale nei locali del Circolo Artistico e Politecnico
di Napoli e ne appresi il nome : colonnello Ezio Murolo.
Avvenne che Orazio Caratelli fu
arrestato e portato a Napoli per essere interrogato dai CC.RR. (
probabilmente il controspionaggio di Pecorella).
Lo rinchiusero in una camera di
sicurezza buia. In piena notte la porta si aprì e fu spinto dentro a
pedate con contorno di contumelie, un individuo, che lagnandosi del
trattamento inumano riservatogli, attaccò subito discorso facendo mille
domande. Carratelli rispose in maniera generica restando sulla difensiva.
Quando si fece giorno e filtrò un po' di luce nella cella, Carratelli si
accorse che sotto la giacca del supposto compagno di sventura si
intravedeva una pistola.
Allora sbottò ironicamente . -Collega
carcerato, un'altra volta che vieni a fare la spia, tieni almeno ben
nascosta la pistola!-
L'agente provocatore, arrabbiatissimo
per una nottata trascorsa inutilmente in bianco nei disagi di una cella,
se ne uscì subito furibondo!
Furono arrestati anche parecchi
camerati di Cosenza e poco dopo anche Filosa che, avvertito in tempo, si
era inutilmente rifugiato a Bari.
Furono poi tutti processati nel famoso
processo degli 88 fascisti di Calabria.
Rimasero liberi e attivi a Cosenza
Giulio Rosano, il prof. Andreoli e un buon nucleo di giovani, mentre nei
paesi furono scoperti soltanto quelli di Sambiase-Nicastro.
Nella zona intorno ad Aiello
l'organizzazione rimase intatta e l'attività proseguì con raddoppiate
precauzioni fino al tragico epilogo della guerra nell'aprile '45.
Queste note rappresentano la sintesi
delle vicende nelle quali sono stato testimone, ma tanti e tanti episodi si
affollano nella memoria e avrei dovuto citare tanti altri nomi di coloro
con sprezzo del pericolo parteciparono a quel meraviglioso momento di
entusiasmo e di patriottismo che ho vissuto dai miei 15 ai miei 19 anni.