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CONTROSTORIA FUTURA

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Atti del Convegno di Napoli (8 novembre 1998)

Fascisti clandestini in Calabria

Testimonianza di Nicola Plastina

 
Nicola Plastina è nato ad Aiello Calabro (Cosenza) il 17 settembre 1926. Negli anni 50 ha frequentato a Napoli la Facoltà di Architettura. Ha conseguito il titolo accademico all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Pittore, ha partecipato a rilevanti mostre nazionali. Professare di ruolo, ha insegnato Storia dell'arte nel Licei scientifici. 
    Iscritto al MSI dalla fondazione : 29 dicembre 1946. Dopo il Congresso di Fiuggi ha aderito a AN.
    E' stato consigliere provinciale a Napoli per due consiliature, dal 1980 al 1990. E' stato segretario provinciale della CISNAL Scuola ed ha fatto parte della Direzione Nazionale della CISNAL
 
    Sento profondamente l'onore di essere stato invitato a questo convegno e, sia pure sinteticamente, desidero portare anche la mia testimonianza.
    Nel 1941 si formò a Cosenza, in seguito ad arruolamento volontario, il battaglione “M” della MVSN, comandato dal capitano Zupi.
    Insieme al mio amico e coetaneo Paolo Falsetti mi arruolai. Avevamo soltanto quindici anni e fummo nominati “figli del battaglione” tra molti sotterfugi.
    Il Battaglione ben presto partì per la zona di operazioni e così arrivammo a Lubiana.
    Mia madre era rimasta sola, essendo mio padre, ex squadrista, andato a combattere in Africa Orientale, a Gondar, e da più mesi non dava più notizie. Così si diede da fare per farmi ritornare. Qualcuno la ascoltò e a malincuore io e il mio amico Falsetti fummo rimandati a casa. Per convincerci a tornare in Calabria ci dissero che ci mandavano “in licenza”.
    Quando, nel '43, ci fu il 25 luglio ad Aiello Calabro si imbastì una manifestazione antifascista contro i gerarchi del paese. Allora mio zio, Eugenio Valzi -anche lui ex squadrista-, assieme all'esattore Tallarico fronteggiò i facinorosi e li disperse sparando alcuni colpi di pistola in aria.
    Ma gli antifascisti, pur intimoriti, non demordevano dai loro propositi di rivincita e di vendetta. Molti ricordavano l'olio di ricino propinato ai loro parenti vent'anni prima.
    Così presero a perseguitare me, considerato per la giovane età, l'anello più debole della mia famiglia.
    Si inventarono che ero autore di devastazioni delle sedi del Partito d'Azione o del Partito Socialista (le prime che si erano aperte in paese) per denunciarmi ai Carabinieri. Non contenti di avermi fatto arrestare decine di volte, arrivarono ad armare con bombe e pistole un gruppetto di giovani che mi tesero un agguato notturno.
    Per fortuna proprio quella sera ero rientrato a casa più presto del solito e gli aggressori mi attesero inutilmente al varco. Tutto questo mi fu confessato da un amico che era stato costretto a parteciparvi.
    L'otto settembre ero ad Amantea ( a circa 20 km da Aiello). Il prof. Vincenzo Andreoli, che era stato comandante della GIL di Cosenza, che si ricordava bene di me in quanto mi aveva fatto assegnare una borsa di studio per l'Accademia di Belle Arti di Brera, mi aveva segnalato al maggiore dei paracadutisti Mario Martire di Amantea, fervente patriota e fascista.
    Così fui coinvolto nella rete di collegamenti che si stava tessendo tra Cosenza e i paesi vicini.
    A Grimaldi a capo del fascismo clandestino c'erano tre professionisti, a Belmonte Calabro operava la famiglia Carratelli, che teneva i collegamenti anche con Cetraro e gli altri paesi della costa; a Lago organizzava l'attività clandestina fascista Ciccio Martellotta coadiuvato da un insegnante di cui non mi sovviene il nome; a Nocera Tirinese-Sambiase c'era un gruppo agguerrito con cui ci collegava il prof.Chiodi, poi arrestato e coinvolto nel processo degli 88 fascisti di Calabria. 
    Tutti facevano capo a Cosenza dove c'era Luigi Filosa, capo indiscusso di un folto gruppo.
    L'8^ armata inglese passò per Amantea senza riscuotere applausi e non ne riscosse neanche negli altri paesi della costa che attraversava per risalire lentamente la penisola.
    Durante la permanenza del fronte a Cassino lo sviluppo della clandestinità assunse una forma più organizzata.
    A Cosenza, dove mi recavo con mezzi di fortuna, il prof. Andreoli mi presentò ad Orazio Carratelli, che era stato direttore di “Calabria Fascista”.
    Questi mi scelse come collaboratore per i collegamenti con la RSI e gli altri gruppi fascisti clandestini, affidandomi una radio ricetrasmittente.
    La radio la tenevamo nascosta ad Aiello e, quando dovevamo usarla, vagavamo , io e Carratelli, sulle colline intorno al paese, spostandoci continuamente durante la trasmissione per non essere individuati da un eventuale radiogoniometro.
    Si pensava che la nostra azione potesse essere utile per la vittoria finale in caso del ribaltamento del fronte.
    Filosa aveva preparato un piano per attaccare i piloni degli elettrodotti in caso di ritirata degli “alleati”. Le centrali elettriche erano tutte presidiate, ma i piloni no. La mancanza di energia elettrica avrebbe creato uno stato di caos.
     I tedeschi, durante la ritirata, avevano fatto saltare un grosso deposito di armi e munizioni a Pian del Lago che però non era andato distrutto completamente. 
    Rimasero integre numerose casse di armi ed esplosivi. Inoltre con .,la dissoluzione del Regio Esercito, l'otto settembre restò abbandonato un po' dovunque numeroso materiale bellico.
    Ne fecero incetta soprattutto i comunisti.
    Prima della caduta di Cassino fui inviato assieme ad un coetaneo a consegnare messaggi cifrati, che portavamo cuciti nella fodera della giacca, ad un camerata di Taverna, vicino a Mignano Montelungo, nelle retrovie del fronte.
    Dopo molte peripezie riuscimmo a raggiungere Taverna e a compiere l'incarico che ci era stato affidato.
     Avremmo voluto attraversare le linee per andare in RSI, ma , mentre procedevamo, fummo intercettati da una camionetta. A bordo c'era un ufficiale italiano che, dopo averci interrogato, finse di credere alla nostra storiella circa la necessità di acquistare viveri per le nostre famiglie, ma ci obbligò a salire sulla camionetta e ci portò con lui fino a Napoli.
    Nel dopoguerra ho nuovamente incontrato quell'ufficiale nei locali del Circolo Artistico e Politecnico di Napoli e ne appresi il nome : colonnello Ezio Murolo.
    Avvenne che Orazio Caratelli fu arrestato e portato a Napoli per essere interrogato dai CC.RR. ( probabilmente il controspionaggio di Pecorella).
    Lo rinchiusero in una camera di sicurezza buia. In piena notte la porta si aprì e fu spinto dentro a pedate con contorno di contumelie, un individuo, che lagnandosi del trattamento inumano riservatogli, attaccò subito discorso facendo mille domande. Carratelli rispose in maniera generica restando sulla difensiva. Quando si fece giorno e filtrò un po' di luce nella cella, Carratelli si accorse che sotto la giacca del supposto compagno di sventura si intravedeva una pistola.
    Allora sbottò ironicamente . -Collega carcerato, un'altra volta che vieni a fare la spia, tieni almeno ben nascosta la pistola!-
    L'agente provocatore, arrabbiatissimo per una nottata trascorsa inutilmente in bianco nei disagi di una cella, se ne uscì subito furibondo!
    Furono arrestati anche parecchi camerati di Cosenza e poco dopo anche Filosa che, avvertito in tempo, si era inutilmente rifugiato a Bari.
    Furono poi tutti processati nel famoso processo degli 88 fascisti di Calabria.
    Rimasero liberi e attivi a Cosenza Giulio Rosano, il prof. Andreoli e un buon nucleo di giovani, mentre nei paesi furono scoperti soltanto quelli di Sambiase-Nicastro. 
    Nella zona intorno ad Aiello l'organizzazione rimase intatta e l'attività proseguì con raddoppiate precauzioni fino al tragico epilogo della guerra nell'aprile '45.
    Queste note rappresentano la sintesi delle vicende nelle quali sono stato testimone, ma tanti e tanti episodi si affollano nella memoria e avrei dovuto citare tanti altri nomi di coloro con sprezzo del pericolo parteciparono a quel meraviglioso momento di entusiasmo e di patriottismo che ho vissuto dai miei 15 ai miei 19 anni.

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