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CONTROSTORIA FUTURA

I.S.S.E.S. - Istituto di Studi Storici Economici e Sociali
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DA AERODROMO  AD  AEROPORTO

(STORIA DELL’AEROPORTO MILITARE DI CAPODICHINO UGO NIUTTA)

 

 Nel primo decennio del XX secolo, quasi tutti i Campi di Marte italiani erano decentrati alle periferie delle città e offrivano buone spianate erbose come superfici di atterraggio e di involo per aerei e dirigibili. Con l’autorizzazione dei militari che iniziavano a interessarsi al nuovo mezzo di trasporto, quei prati divennero aerodromi e non ancora aeroporti, ma il passo che li impiegò in quest’ultima qualità fu breve; rimanendo, però, teatro di esibizioni da parte di traballanti velivoli.

 L’aeroporto militare di Capodichino nacque nel 1918, ma era stato utilizzato ancora prima del periodo bellico. Infatti già nel 1910 e precisamente domenica 15 maggio iniziarono a Napoli le “prove d’aviazione” così chiamate perché a quei tempi non era sicuro che gli aerei riuscissero a decollare, sia per la scarsa potenza dei motori che per la fragilità dei velivoli. Per la cronaca parteciparono un belga: Daniel Kinet risultato vincitore, due francesi: Guillaume Busson e Louis Kuheling e un italiano: il napoletano Ettore Carubbi che pilotò un velivolo costruito a Napoli presso le “Cotoniere Meridionali”, battezzato “Napoli I” e che si alzò all’incredibile (per allora) altezza di cinque metri. Questa manifestazione, conclusasi in maniera modesta, era stata organizzata dal “Circolo Aviatorio” fondato dal marchese Francesco Filiasi, raffinato musicista ed entusiasta promotore di cose aeronautiche.

  Nel 1911 si svolsero due giornate aviatorie, rispettivamente il 5 e il 9 marzo. Questa volta le cose andarono diversamente. Tre piloti: Fischer, Martinet e Weiss riuscirono a sollevarsi fino a circa cento metri e si spinsero anche sul cielo della città meravigliando la gente che rimase ad ammirarli con il naso all’insù.

  Nel 1912 l’Aeroclub d’Italia aveva iniziato una raccolta di contributi denominata: “date ali all’Italia” appoggiata da Vittorio Emanuele III che offrì Lit. 100.000 (un’enormità per quei tempi), oltre che dal mondo della cultura nella persona di Matilde Serao. Il “Circolo Aviatorio” si trasformò in “Circolo Aviatorio Napoletano” grazie all’opera di Francesco Giordani.

  Nel 1913 a Napoli si incontrarono un gruppo di “Benestanti, Militari e Scienziati” per dare inizio a questa nuova disciplina: l’aviazione.

  Nel mese di febbraio il “Circolo Aviatorio Napoletano” diventava “Aero Club di Napoli” presieduto dal prof. Vincenzo Bianchi padre del noto Leonardo, neurologo, deputato, sottosegretario al Governo Giolitti, giornalista, componente la Commissione Ministeriale per i problemi aeronautici presso l’Aeroclub d’Italia.

  Nel mese di aprile e precisamente il 20, 23 e 27 si esibirono in volo quattro italiani tra cui figurava la prima donna pilota d’Italia: Rosina Ferrario.

   Erano appena trascorsi dieci anni dal volo di 280 metri dei fratelli Wright, che il mondo intellettuale di allora era già in fermento per continuare la realizzazione del sogno degli uomini fin dalla loro origine.

  Nel 1914 il rimbombo dei cannoni prese il posto delle manifestazioni aeree sportive, ma per l’aviazione non fu, paradossalmente, un grave danno. La guerra significò per essa un grande balzo in avanti.

 

 

  Si era ancora agli albori organizzativi e questo gustoso aneddoto ne è la prova. Agli inizi del 1918 si doveva livellare il prato del Campo di Marte per alcune centinaia di metri secondo la diagonale Nord-Est, Sud-Ovest. L’incarico ricevuto venne portato a termine con l’ausilio dei pochi mezzi manuali del tempo e probabilmente  furono messi a disposizione anche i bovini della vicina “Vaccheria al Campo di Marte” di Antonio Spagnoli, rinomato punto di ristoro per le truppe di stanza sul campo. Grazie a questo “aiuto” si potette cominciare a volare su velivoli più evoluti.

  La notte tra il 10 e l’11 marzo, verso l’una meno un quarto, un dirigibile austriaco lanciò una ventina di bombe su Napoli colpendo il porto, gli stabilimenti dell’ILVA e lo scalo dirigibili di Bagnoli uccidendo sedici persone e ferendone parecchie decine.

  Si decise così, sotto l’impulso dell’emozione, di potenziare l’aeroporto partenopeo con impianti per i voli notturni. Il 29 luglio furono consegnati alla 110a Squadriglia di stanza a Capodichino, due velivoli. Il primo acquistato con la pubblica sottoscrizione e recante sulla fusoliera una targhetta di ottone con la scritta “Città di Napoli” e il secondo donato dal Banco di Napoli con una targhetta recante il nome del prestigioso istituto di credito cittadino. Si trattava molto probabilmente di due SVA i cui numeri di matricola erano 11885 e 11889.

  Il Mattino dell’epoca ci ha tramandato un bell’articolo sul volo del Capitano Bertoletti e del Tenente Ranucci che subito dopo la consegna dei due aeroplani offrirono al pubblico quindici minuti di ardite esibizioni. Ma dopo pochi mesi giunse l’armistizio e quindi il loro intervento non era più necessario, procedendo in seguito alla smobilitazione.

  Nell’immediato dopoguerra, verso la metà di febbraio del 1919, la Squadriglia di Capodichino fu la prima a offrirsi per sperimentare la posta aerea fra Napoli e Roma e a quel tempo disponeva di dieci velivoli (tre SVA 4 da ricognizione, uno SVA 5 da bombardamento e sei SVA 10 ricognitori-caccia biposto). L’esperimento postale tra Roma e Napoli durò sei mesi, con qualche allungamento a Brindisi.

  Il 19 giugno 1921 l’aeroporto militare di Capodichino fu intitolato a Ugo Niutta.

  Con l’inesorabile ordine di completare la smobilitazione, i decolli dalla pista erbosa di Capodichino si fecero via via più rari e l’erba alta veniva falciata solo in estate allo scopo di scongiurare gli incendi. Questo significò la retrocessione ad aeroporto di 2a classe e da allora non vi ebbe sede nessun reparto. Le infrastrutture d’aviazione vivacchiarono per tutto il tempo, fino al 28 marzo 1923: data della costituzione della Regia Aeronautica come forza armata autonoma. Nello stesso anno vi fu costituita la 131a Squadriglia di ricognizione su velivoli R.2 destinata all’Aviazione per il Regio Esercito.

  Tra il 1924 e il 1925 la Regia Aeronautica aveva preso in consegna il Campo di Marte ormai divenuto aeroporto, in qualità di forza armata intesa al dominio dell’aria e non come corpo ausiliario delle altre due forze armate. L’aeroporto Ugo Niutta fu reso più idoneo alla bisogna allungando la pista e conservando sempre la diagonale Sud-Ovest/Nord-Ovest.

  La nuova forza armata avvertiva la necessità di formare i propri ufficiali del Corpo di Stato Maggiore: nasceva l’Accademia Aeronautica.

  Nel 1925 si decise la costruzione di un complesso edilizio per l’Accademia accanto all’aeroporto di Capodichino che doveva rispondere a ben precisi requisiti oltre alle esigenze per l’educazione dei futuri ufficiali naviganti quali l’istruzione, vitto e alloggio non tralasciando l’importanza dello studio e dello sport. Nulla fu trascurato. Si provvide infatti anche alle necessità del corpo docente e degli ausiliari militari e civili per il buon funzionamento di un complesso così multiforme. Si ebbe l’apertura del nuovo ingresso su piazza Capodichino, la costruzione della palazzina comando per la Squadriglia, la piattaforma diamagnetica per la correzione delle bussole e la tettoia per il banco prova motori. Infine tutte le baracche furono abbattute, anche la polveriera che altro non era che la Cappella al Campo di Marte i cui sotterranei erano stati utilizzati come deposito munizioni.

    In quell’anno Capodichino divenne sede del 66° Gruppo da osservazione che contava la 131a Squadriglia e la 66a Sezione di Stato Maggiore, oltre alla 42a Squadriglia distaccata sull’aeroporto di Foggia.

  Nel 1930 i lavori furono ultimati, ma l’Accademia Aeronautica era stata, ormai da quattro anni, trasferita nel Palazzo Reale di Caserta e a Capodichino il complesso edilizio destinato all’Accademia divenne Scuola Specialisti. (1)

  Nello stesso anno si aggiunse ai reparti volo la Squadriglia di Turismo Aereo su velivoli AS.1 su cui volava il personale in congedo dell’area partenopea.

  Verso la fine degli anni ’30 e agli inizi dei ’40 la diagonale Sud-Ovest/Nord-Ovest della pista dell’aeroporto non poteva essere più allungata. Vennero acquistati nuovi terreni verso levante e la nuova pista lunga 1020 metri fu orientata pressappoco verso Est/Ovest (75°/255°) tenendo conto dei venti dominanti.

  Il 1° febbraio 1933 si costituì sul nostro aeroporto la Sezione Autonoma di volo della Scuola Specialisti e nel 1937 fu promossa a Squadriglia  con velivoli di vario tipo.

  Con lo scoppio del Secondo Conflitto Mondiale, Capodichino divenne sede di numerosi reparti da caccia e da intercettazione. Il 21° Gruppo vi fu schierato, a giugno del 1940 con la 356a Squadriglia. All’epoca vi erano anche la 131a Squadriglia da osservazione aerea e la 182a Squadriglia da ricognizione marittima. Verso la metà di Novembre fu costituito  il 2° Nucleo Addestramento Aerosiluranti su velivoli SM 79. In seguito giunsero altre unità di combattimento alle quali si affiancò una Sezione di Caccia Notturna, rinforzata nel marzo 1942 fino a diventare la 303a Squadriglia. Verso la fine del mese, il 21° Gruppo cessò la sua permanenza a Capodichino e dopo poco tempo giunse sul nostro aeroporto il 22° Gruppo. 

  Dopo l’8 settembre 1943, l’aeroporto fu occupato dagli anglo-americani fino al 1948 apportandovi non poche modifiche. Quando lasciarono Capodichino la pista, a circa 80 metri sul livello del mare, venne rifatta dai militari alleati, con il nuovo orientamento 60° - 240°, larga 60 metri, allungata fino a 2.100 metri 900 dei quali in grelle metalliche e il resto in macadam.

  Nel 1950 iniziarono i lavori per un ulteriore ampliamento dell’aeroporto che doveva rispondere, da un lato, alle esigenze dei nuovi velivoli a reazione della Aeronautica e dall’altro, all’apertura alle nuove linee aeree commerciali internazionali rendendo necessario anche un nuovo allungamento della pista fino a 2.150 metri. A questo fecero seguito altri adeguamenti dell’aeroporto aperto sia al traffico militare che a quello civile fino ai giorni nostri che, per citare solo un parametro, è caratterizzato dalla lunghezza della pista portata a circa 2.700 metri.

  La nostra città ha subito nel corso degli anni notevoli cambiamenti, ma l’attività di volo nata in sordina da uomini poliedrici e impegnati, ha contribuito non poco alla costruzione della nostra società civile. Anche se oggi stiamo subendo una battuta di arresto (per usare un ottimistico eufemismo), non dobbiamo dimenticare le glorie passate che hanno caratterizzato quel periodo avventuroso e ricco di emozioni. Nella speranza di un futuro non lontano, foriero di buone notizie, auguro a chiunque di poter rivivere quelle stesse emozioni che hanno dato vita a una serie di eventi che hanno segnato un periodo florido e allo stesso tempo pieno di soddisfazioni.

 

 

 

(1)      SCUOLA SPECIALISTI IN SEGUITO CHIAMATA SCUOLA SOTTUFFICIALI

 

FONTI BIBLIOGRAFICHE E FOTOGRAFICHE:

-          L’AEROPORTO MILITARE UGO NIUTTA DI NAPOLI CAPODICHINO -  DI FRANCESCO VADAL.À – FRATELLI CONTE EDITORI

-          IL MIO AEROCLUB – DI ENZO IMPRONTA -  MARIO RAFFONE EDITORE NAPOLI -

 

 

                                                                                               Carlo Saggiomo