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CONTROSTORIA FUTURA

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Edoardo Lecis

UNA STORIA SEGRETA

Paracadutisti e Camicie Nere contro Americani in Sardegna dopo l'otto settembre 1943.

La storia della resistenza fascista in Sardegna dopo l'otto settembre 1943 è una storia quasi totalmente, fatta di episodi spesso isolati ma significativi di un diffuso sentimento di simpatia nei confronti della Repubblica Sociale Italiana e di ostilità verso gli Anglo-Americani, visti come veri invasori più che come liberatori.
In questo quadro, che si dimostra molto più interessante di quanto si potesse pensare, si inserisce una singolare vicenda, simile a molte altre che ebbero come sfondo la nostra Isola.
La possibilità di una reale resistenza armata agli Americani poteva risiedere essenzialmente in due forze: le ex camicie nere della M.V.S.N. e i paracadutisti della Divisione "Nembo". Tanto gli uni che gli altri erano visti con estremo disfavore da parte dei comandi, consapevoli di avere di fronte non solo soldati dichiaratamente fascisti, ma anche gente agguerrita e determinata, e il caso del Ten. Col. Bechi Luserna lo dimostrava. Sta di fatto che per prevenire ogni rischio, soprattutto dopo che interi reparti della "Nembo" (come il XII° Battaglione del Maggiore Rizzati) e della Milizia (come i reparti della MILMART a La Maddalena) si unirono ai Tedeschi in ritirata per raggiungere la il nord della Penisola, si decise di strappare questi uomini dai reparti di appartenenza e di sparpagliarli all'interno delle unità demotivate, e per questo pochi inclini a rischiosi tentativi sovversivi, del Regio Esercito.
In questo di clima di diffidenze e di animi esarcebati si inserisce la vicenda di 20 uomini, tutti di truppa o graduati, del 359° Reggimento Fanteria (costituito da appartenenti alla 177^ Legione CC.NN. "Logudoro" e da alcuni ex paracadutisti della Divisione "Nembo", arrivati a scaglioni, questi ultimi, dal 23 dicembre 1943 in poi), di stanza ad Osilo (NU). 
Quanto verrà esposto è il risultato delle ricerche condotte all'epoca dalla Giustizia Militare e riassunte nella sentenza del Tribunale Militare Territoriale di Guerra della Sardegna del 29 giugno 1944 n. 671.
Ai protagonisti di questa storia venne formulata l'imputazione di "cospirazione politica mediante associazione per essersi in Osilo nella prima quindicina del gennaio 1944, associati allo scopo di commettere reati e precisamente allo scopo di costituire una associazione a carattere politico fascista avente il proposito di svolgere una attività diretta a distruggere e deprimere il sentimento nazionale e allo scopo di compiere atti ostili contro gli alleati mediante una aggressione al posto americano di osservazione di Osilo".
A Osilo si costituirono due società segrete: la "Nemo", che raggruppava gli ex paracadutisti, e la "Semo", per le ex camicie nere. 
Di queste organizzazioni sappiamo poco o nulla, grazie al prudente riserbo tenuto dai loro affiliati, riservatezza che valse a guadagnare agli stessi un esito favorevole della vicenda giudiziaria nella quale rimasero coinvolti.
La "Nemo" e la "Semo" avevano uno scopo dichiarato come "politico" e "segreto", avevano un proprio tesserino di riconoscimento, per entrarvi bisognava prestare un giuramento rituale ed i suoi appartenenti portavano sotto il risvolto della giubba i fascetti, già della M.V.S.N. come simbolo di riconoscimento. Tra di loro, gli affiliati, si salutavano con i nomi delle due associazioni ed erano soliti svolgere delle riunioni presso l'Ufficio Viaggi del Comando del 359° Reggimento, durante le quali si cantava l'inno dei paracadutisti e si beveva vino.
Date le circostanze si può capire lo stato d'animo del comando quando il 14 dicembre 1943 una bomba a mano esplose contro la mensa ufficiali ed ancora quando, nella notte fra il primo e il 2 gennaio 1944, vi fu un nuovo lancio di bomba a mano contro la scuderia del reggimento da parte di militari ignoti.
Le attenzioni si rivolsero subito verso le persone conosciute per la loro simpatia verso il Fascismo, le quali avevano creato (il 13 gennaio) quella che nelle intenzioni dichiarate dalle stesse doveva essere una "squadra di pallavolo", cosa alquanto singolare in quei frangenti e luoghi, anche per il fatto che i nomi dei componenti la squadra erano preceduti dalla loro qualifica (ardito, guastatore, …).
Si fece allora una ispezione a sorpresa per individuare chi portava ancora i fasci littori sotto il bavero della giubba, ma, visto l'esito negativo, si decise di infiltrare in questo gruppo un sergente del Regio Esercito, al fine di far luce su ciò che stava accadendo.
Si venne così a sapere che elementi ex paracadutisti ed ex legionari, forse in collaborazione con disertori residenti a Sassari avevano progettato di attaccare il presidio-osservatorio americano di Osilo (località Sant'Antonio), composto da circa 10 uomini, per derubarli di sigarette e viveri. Pare, inoltre, che durante una delle predette riunioni si fosse detto "La faremo pagare cara agli antifascisti!". L'operazione si sarebbe dovuta svolgere nella notte tra il 16 e il 17 gennaio 1944, previa ricognizione dei luoghi alle ore 12 del giorno 16.
Si decise che non si poteva aspettare oltre e così, dopo che un gruppo di ex paracadutisti si allontanò in direzione dell'osservatorio americano, alla vigilia dell'assalto, vennero arrestati tutti gli ex paracadutisti, ai quali vennero sequestrate 7 bombe a mano, 2 pugnali e proiettili per pistola, detenute indebitamente. Si fece inoltre un rastrellamento attorno al presidio americano che portò al fermo di 4 o 5 ex paracadutisti. 
Gli uomini vennero incarcerati ma il loro morale non sembrava essere stato scalfito dalla perdita di libertà: dalle loro celle risuonavano frasi quali "abbasso il re!", "abbasso Badoglio!", "viva Mussolini!", "viva il Duce!" e si sentiva cantare "Giovinezza" e persino "Bandiera rossa".
Durante la sua permanenza in cella con i "sovversivi" l'infiltrato rinvenne i frammenti di una lista di nomi ormai distrutta che non consenti agli investigatori di raccogliere prove sufficienti a carico degli arrestati.
Le indagini non portarono a nulla. Gli indagati non rivelarono nulla in sede di interrogatorio, negarono tutto ciò che poteva far presagire simpatie fasciste e la presenza dell'infiltrato, probabilmente scoperto, fu utile solo a sventare il progettato attacco.
Non si riuscì a provare gli scopi dell'aggressione, se lucrativi o politici, non si dimostrò lo scopo delle associazioni, nè che gli imputati "concertassero la fusione di due associazioni, la NEMO e la SEMO, che riunisse gli ex militi e gli ex parà sotto la stessa fiaccola fascista che li teneva uniti anche in precedenza", come nelle intenzioni dell'accusa.
Non portarono a nulla nemmeno le indagini, connesse a quelle della "Semo" e della "Nemo", relative ad una cassa di bombe a mano portata clandestinamente ad un pastore di Osilo da un ex seniore della M.V.S.N. di Sassari e poi misteriosamente scomparsa.
Si giunse quindi alla assoluzione dal reato di cospirazione politica mediante associazione, per insufficienza di prove, e si potè condannare alcuni tra gli ex paracadutisti solamente a pene lievi per ritenzione di oggetti di armamento.
Dette sanzioni furono poi oggetto di un condono giudiziale.
A distanza di sessant'anni permane l'incertezza: sovversione politica, scopo lucrativo o entrambi? Videant consules.

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